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icona21 febbraio 2009

Intitolazione “Via Norma Cossetto”

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Domenica 22 febbraio intitolazione “Via Norma Cossetto”

La via in salita che nel quartiere della Campagnuzza – il cosiddetto Villaggio dell’Esule – collega Via San Michele con Via del Carso (angolo Via del Pasubio) sarà intitolata domenica mattina alle 11.30 dall’Amministrazione municipale a Norma Cossetto, alla presenza della sorella Licia e dello storico ed editore Marco Pirina.

Norma Cossetto, studentessa universitaria, nell’ottobre del 1943, allora 23enne, venne catturata, stuprata, seviziata, uccisa ed infoibata dai partigiani del maresciallo Tito. Nel 2005 il Capo dello Stato le conferì la Medaglia d’oro al merito civile, con la seguente motivazione: «Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio.».

Norma, prima di iscriversi all’Università di Padova studiò per tre anni a Gorizia, dove si diplomò al Liceo Classico.

“L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e La Lega Nazionale di Gorizia -ha affermato il presidente Rodolfo Ziberna- ringraziano il sindaco Ettore Romoli e l’Amministrazione municipale per questo gesto di grande importanza non solo per la comunità istriano-dalmata. Norma è divenuta una icona del dramma delle foibe proprio per l’atrocità che essa ha subito e finalmente la città che l’ha ospitata nei suoi giorni di studentessa liceale la ricorda con una via proprio nel Villaggio dell’Esule.”

Informazione su Norma Cossetto

Visinada 17.05.1920 – Foiba Villa Surani 5.10.1943

«Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome…. Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: “Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io”»

Apparteneva a una famiglia di possidenti fascisti: il padre era un dirigente locale del partito fascista (lungamente segretario politico del Fascio locale, commissario governativo delle Casse Rurali, era stato podestà a Visinada e ufficiale della milizia fascista: fu ucciso e infoibato pochi giorni dopo l’omicidio della figlia) e lei stessa era un’esponente del GUF padovano. Nell’estate del 1943 era infatti iscritta all’Università di Padova dove stava preparando una tesi di laurea intitolata Istria Rossa (riferita alla terra ricca di bauxite dell’Istria) e aveva come insegnante il professor Concetto Marchesi. Girava in bicicletta per i paesi dell’Istria visitando municipi e canoniche alla ricerca di archivi.

Dopo l’8 settembre 1943 Norma Cossetto fu vittima dei partigiani jugoslavi e italiani dell’Istria. Il 25 settembre 1943 partigiani comunisti italiani della resistenza italiana delle Brigate Garibaldi e croati della resistenza jugoslava irruppero in casa Cossetto razziando quel che poterono trovare e sparando per spaventare le persone. L’indomani quegli stessi partigiani catturarono Norma portandola nell’ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i capibanda, alternando minacce a promesse di libertà e mansioni direttive, le chiesero di accodarsi alla loro milizia.

Dopo aver ricevuto un netto rifiuto della donna, i titoisti la rinchiusero nella ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo assieme ad altri abitanti italiani del luogo che avevano rifiutato di collaborare con le milizie titoiste. Dopo un paio di giorni, durante la notte con un autocarro furono tutti trasferiti nella scuola di Antignana trasformata in prigione dove incominciarono le sevizie e torture sessuali; la studentessa fu legata nuda a un tavolo e violentata da molti partigiani: secondo alcune testimonianze erano 17[1].

L’episodio della violenza carnale fu poi denunciato da una donna abitante davanti l’ex caserma, che, attirata da gemiti e lamenti, appena buio osò avvicinarsi alle imposte socchiuse vedendo Norma legata al tavolo. La donna fu gettata, forse ancora agonizzante, nella foiba di Villa Surani durante la notte tra il 4 e 5 ottobre.

Dopo l’occupazione tedesca dell’Istria, il 10 dicembre 1943[2] i vigili del fuoco di Pola guidati dal maresciallo Arnaldo Harzarich, ritrovarono il corpo di Norma nella foiba profonda m. 136: era caduta supina, nuda, con le braccia legate con il filo di ferro, su un cumulo di altri cadaveri; aveva ambedue i seni pugnalati, un pezzo di legno conficcato nella vagina e altre parti del corpo sfregiate. Emanuele Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite d’arma da taglio e altrettanto riscontrò sui cadaveri degli altri. I soldati tedeschi catturarono 6 dei suoi criminali torturatori e li costrinsero a passare la notte in piedi vegliando la salma di Norma, prima di essere fucilati all’alba del giorno successivo: 3 dei partigiani impazzirono. Il cadavere di Norma fu composto nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Santa Domenica.

Norma riposa assieme al padre, anch’egli infoibato a pochi giorni di distanza dalla figlia, nel cimitero di S. Domenica di Visinada, un paesino vicino a Visignano.

L’Università di Padova, su proposta del rettore, il comunista Concetto Marchesi, e del Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia, le conferì la laurea ad honorem sei anni dopo la morte.

L’8 febbraio 2005 l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha insignito Norma Cossetto della Medaglia d’oro al merito civile.

«Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio.»Villa Surani (Istria) – 5 ottobre 1943

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